Rivista di Comunicazione e Potenziale Umano n. 2-2018 – Speciale su Empatia, Ascolto Attivo, Leadership

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Speciale Ascolto Attivo ed Empatia

Speciale Leadership e Comunicazione

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E qui, un omaggio alla scienza e alla conoscenza, a modo nostro, un estratto visivo del nostro Master, Modulo Neuroscienze (by Virginia Tortella, Atleta e partecipante al modulo) in cui traspaiono le atmosfere, il piacere di stare, di condividere, di raccontare e raccontarsi, e confrontarsi con specialisti della conoscenza e della crescita personale.

Rivista a cura di:

dott. Daniele Trevisani, Formatore e Consulente, Scrittore

 

Tecniche di comunicazione per la gestione dei team

Estratto con modifiche dell’autore dal testo di © Daniele Trevisani. Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team. Franco Angeli editore. Con commenti inediti dell’autore

 

Nel momento stesso in cui devi dirigere anche solo una persona, ti devi porre nuove domande su di te.

E se le persone sono 10, 100 o 1000, tanto di più su di te dovrai lavorare.

Deve crescere il tuo grado di attenzione alla tua crescita personale. Devi chiederti come comunichi

Chiediti se sei chiaro abbastanza, chiediti cosa dai per scontato e magari non è bene farlo.

Chiediti quando trasferire soli dati e quanto conta la motivazione.

Se poi ha responsabilità grandi di organizzazioni complesse, questo diventa un dovere morale e ciò che fa che fa di te un vero leader.

 

La gestione dei team richiede tecniche di comunicazione efficaci a vari livelli (cfr. inoltre fig. 1):

  • fase direzionale è comunicazione top-down: dare ordini, istruzioni, direttive, delegare bene;
  • capacità di interiorizzazione dei ruoli è empowerment, dare potere ai ruoli, dargli piena capacità operativa e gradi di autonomia;
  • capacità di sviluppo della relazione è equilibrio tra empatia, saper ascoltare gli altri, e assertività, saper imporre una visione e tirare le somme;
  • capacità motivazionale è comunicazione persuasiva, alimentare energie positive, forza, coraggio, motivazione;
  • capacità di sviluppare leadership in azione è comunicazioni operative, ordini, direttive chiare, deleghe chiare, informazioni chiare, quando servono, a chi servono, evitando noise (rumore e degrado informativo) e riducendo il rumore di fondo.

Figura 1 – Le fasi della comunicazione nella gestione dei team

Le tecniche necessarie per gestire un team sono molte, e cito solo alcune delle principali:

  • diagnosi organizzativa e dei flussi di comunicazione: chi comunica che cosa e a chi, a chi servono informazioni, quando, perché;
  • diagnosi degli stili di comunicazione: “Comunichi nel modo giusto per poter stare in questo team?”;
  • diagnosi dei climi emotivi: “Che aria tira?” “Chi porta energie positive?”;
  • valutazione dei potenziali dei singoli;
  • valutazione della corretta attribuzione dei ruoli: “Ci sono le persone giuste al posto giusto?”;
  • combat readiness e team readiness; valutare se un individuo sia o meno “pronto al combattimento” (in senso metaforico), ovvero nello stato di forma fisico e mentale per eseguire la performance, per ricevere un certo compito, entrare in azione e dare il reale contributo necessario.

Gli interventi che bisogna apprendere a svolgere per incrementare le capacità di un team sono anch’essi diversificati:

  • interventi correttivi diretti su singoli;
  • interventi di comunicazione informativa al­l’intero team;
  • condivisione di piani e strategie;
  • condivisione di visioni e obiettivi;
  • mentoring; counseling, training, coaching e ogni processo utile ad alimentare di competenze le persone.

Tutte le diverse tecniche formative, peculiari, sono da assorbire e studiare per affilare le armi della capacità di dirigere un vero team.

Se prendiamo un gruppo di persone accatastate in un autobus, persone che non si conoscono, questo non fa di loro una forza speciale e nemmeno un team. Ma anche persone che si conoscono e comunicano tra di loro poco e male non potranno essere una forza speciale, un vero team ad alte prestazioni.

Ogni team, e ogni persona, ha una propria psicologia e struttura caratteriale, un certo livello di competenze, valori, energie, forze e debolezze.

Essere a capo di un gruppo (una squadra, un’azienda, un’area) non equivale a possederne la leadership. Esistono numerose realtà nelle quali gli organigrammi del potere e del carisma reale non corrispondono agli organigrammi ufficiali.

La leadership reale, il carisma e il potere, sono nelle mani di chi è più abile nel gestire la comunicazione sul campo, applicando la leadership conversazionale ed emozionale in ogni singolo contatto.

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Estratto con modifiche dell’autore dal testo di © Daniele Trevisani. Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team. Franco Angeli editore. Con commenti inediti dell’autore

Leadership significa soprattutto relazionarsi con chi siamo, prima ancora che con gli altri

La Leadership come terreno di crescita personale

© Daniele Trevisani. Testo estratto dal libro Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team. Franco Angeli editore. Con commenti inediti dell’autore.

La leadership e il lavoro su di sé

 Chi aspira a sviluppare una professione con onore, come dirigere con vera leadership, o occuparsi di questioni importanti come la ricerca, le aziende, la medicina, la sicurezza, la scienza, le organizzazioni, le scuole, ovunque, prima deve fare i conti con la propria crescita personale, le proprie capacità e valori.

Nel momento stesso in cui devi dirigere anche solo una persona, ti devi porre nuove domande su di te. Deve crescere il tuo grado di attenzione alla tua crescita personale. Se poi ha responsabilità grandi di organizzazioni complesse, questo diventa un dovere morale e ciò che fa che fa di te un vero leader.

Bisogna prendere atto del fatto che il nostro carattere determina larga parte della nostra modalità comunicativa, lo stile di leadership, le decisioni.

Bisogna essere abbastanza umili per capire che il nostro carattere non è qualche cosa di inviolabile ma anzi lavorarvi è un atto sacro. È utile cercare di capire su quali tratti possiamo lavorare. È un atto sacro anche l’azione e il tentativo che mettiamo in atto per migliorarci, al di là che ci riusciamo o meno, o che ci riusciamo subito o dopo un periodo di tempo. Spesso il miglioramento richiede un percorso, e non un singolo atto.

Spesso il miglioramento richiede un percorso, e non un singolo atto. Chi affronta un percorso di miglioramento personale è sempre una persona coraggiosa. Ha il coraggio delle emozioni, ha deciso di guardarsi dentro, scoprire le alchimie della formula arcana in cui è inserito, capire come funziona il proprio ingranaggio interiore, e cambiarsi in meglio (Trevisani 2015).

Vogliamo migliorarci per essere sempre di più noi stessi nel nostro pieno potenziale e non persone che si nascondono dietro a scuse come “sono fatto così, che cosa vuoi farci?”.

Lavorare sul proprio carattere per migliorarsi significa ascoltare i propri valori senza rifiutarli, ma anche avere l’umiltà di pensare “posso sempre fare passi in avanti nel mio processo di miglioramento personale”. Chi non accetta questa visione potrebbe pensare di sé “sono il migliore, perché lo dico io”. Questa è sostanzialmente una forma di nevrosi.

Alexander Lowen (1982) ci mette in guardia chiaramente sui rischi che le nevrosi generano nelle persone. Prima di tutto, non saper imparare dal­l’esperienza.

Si dice che le persone imparino dal­l’esperienza, e in generale questo è vero: l’esperienza è il migliore e, forse, l’unico vero maestro.

Ma questa regola non sembra potersi applicare al campo della nevrosi. La persona non impara dal­l’esperienza ma ripete continuamente lo stesso comportamento distruttivo.

Aprirsi a capire prima di tutto “che cosa vorrei migliorare di me” è un grande processo di focusing[1], una focalizzazione consacrata, importante.

Fare focusing significa andare alla ricerca di chi siamo e come comunichiamo, che cosa sentiamo dentro di noi, e come questo si trasferisce al­l’esterno di noi.

Significa quindi andare alla ricerca di un manoscritto unico, un testo nascosto, che non è di facile accesso e si trova solo nel­l’esplorazione attenta e profonda. Questa esplorazione può essere appresa in appositi corsi, può essere potenziata quando guidata da professionisti esterni, ma al di là della tecnica richiede sempre e comunque una grande voglia di scoprire il massimo del proprio potenziale umano possibile.

Per lavorare sul carattere occorre un contributo esterno, che sia coaching, counseling o formazione esperienziale, pratica, confronto, feedback, motivazione alla voglia di migliorarsi.

Alexander Lowen (1982), sviluppatore della Bioenergetica, ci ricorda un fatto importante:

Il carattere determina il fato.

Per carattere si intende il modo di essere o di comportarsi tipico, abituale o “caratteristico” di una persona.

Definisce un insieme di risposte fisse, buone o cattive, indipendenti dai processi mentali coscienti.

Non possiamo cambiare il nostro carattere con un’azione cosciente, perché non è soggetto alla nostra volontà.

Di solito non siamo neppure coscienti del nostro carattere, perché diventa per noi come una “seconda natura”.

Avere voglia di capire i nostri limiti e opportunità, forze e debolezze, non ha niente a che fare con la ricerca di qualche forma di “patologia” mentale, non è un atto medico, conoscersi a fondo non è un percorso clinico ma anzi, diventerà operazione di scoperta quotidiana, operazione che ci porta alla scoperta della “cultura” che ci circola dentro, l’insieme di regole che usiamo inconsciamente nel nostro comportamento quotidiano.

Questo permette di tenere alla larga gli stati mentali negativi che rischiano di farci ammalare o di farci agire in modo automatico e senza il nostro consenso.

 

[1] Per la metodologia del focusing, vedi i testi di Gendlin (in particolare 2002); inoltre: Campbell e McMahon (2001); Elliot, Watson, Goldman e Greenberg (2007); Weiser Cornell (2007); Welwood (1994).

© Daniele Trevisani. Testo estratto dal libro Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team. Franco Angeli editore. Con commenti inediti dell’autore.

Il salto di qualità nella Leadership

Che cosa produce il salto di qualità

team leadership e comunicazione operativa, corso leadership© Daniele Trevisani. Testo estratto dal libro Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team. Franco Angeli editore. Con commenti inediti dell’autore.

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Il salto di qualità in un team è qualcosa che si vede, si sente, si percepisce. Servono meno parole e la comunicazione è più intuitiva. I linguaggi diventano precisi e chiari, spariscono i fraintendimenti o vengono ridotti al minimo e riconosciuti prima che diventino grandi errori. Si va nella sede dove opera il team con il sorriso e con la voglia di entrare e non se uscirebbe mai. Questo non è un sogno, è qualcosa che ho vissuto tante volte, in tanti posti diversi, in team aziendali e sportivi, per cui è bene estrarne alcuni ingredienti e avviare una riflessione. Questo primo articolo avvia tale discussione sulla leadership di qualità.

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Una grande varietà di forze speciali, in senso olistico, intese come gruppi ad alte performance, diventa tale quando riesce a compiere il salto di qualità che divide un assembramento di persone da un gruppo di persone estremamente motivate ed efficaci.

  • Il primo fattore a rendere speciale un team è la motivazione e senso di appartenenza,
  • Il secondo l’addestramento continuo, la formazione continua.
  • Un terzo fattore è la consapevolezza delle proprie possibilità.

Ogni individuo si comporta nella vita come se avesse un’opinione ben definita della sua forza e delle sue possibilità; come se al­l’inizio di un’azione, si rendesse conto della difficoltà o della facilità di un dato problema: in sintesi come se il suo comportamento dovesse derivare dalle sue opinioni (Adler 1933, p. 17).

Dobbiamo quindi fondere un lavoro molto sottile, come l’immagine che un gruppo ha di se stesso, e una persona ha di se stessa, con un lavoro molto pratico come l’addestramento e la formazione su capacità allenabili. Il tutto confluisce nella ricerca di un vero e proprio stile di vita (lifestyle) in cui affrontiamo le nostre paure anziché nasconderci, accettiamo esperienze anche senza la certezza di pieno successo e apprendiamo da esse.

Quando una sconfitta non diventa qualche cosa che distrugge il nostro senso di valore personale e la nostra personalità, quando elaboriamo un piano di vita che cominci ad avere senso, stiamo imparando atteggiamenti che Adler individua come veramente fondamentali per raggiungere risultati duraturi.

Se predomina il puro timore di un pericolo di sconfitta, se il perdere si confonde malamente con un abbassamento del senso di personalità, si cercherà di scappare dalla situazione. Al contrario, un atteggiamento sano consiste nel fatto di applicarsi, studiarla, allenarsi, lasciarsi allenare, cercare risorse ulteriori, potenziarsi, attivare il fuoco sacro del superare l’ostacolo e andare avanti. Questo è un grande salto di qualità.

Se l’ideale di perfezione è una persona che non sbaglia mai, non avremo mai veri leader né veri gruppi, si cercheranno solo vittorie facili e scontate.

Un leader conduce ricerca anche in territori inesplorati, e apprende dagli errori, a volte persino andando a cercare dove sarà il punto di caduta per poi imparare e spostarlo alla prossima occasione un po’ in avanti.

Come riferisce Adler, “ogni epoca culturale forma il proprio ideale di perfezione rapportandolo ai suoi pensieri e ai suoi sentimenti” (Adler 1933, p. 31). Per cui è davvero il caso di confrontarsi con la cultura che ci circonda e “farla uscire”, attivando quello che oggi nella scienza memetica possiamo chiamare uno “smontaggio” della cultura in cui siamo immersi, o in termini informatici un reverse engineering, andare a vedere con quale software siamo stati programmati e poi riprogrammarci con maggiore coscienza.

Questo lavoro è indispensabile per fare nella vita quello che vogliamo noi e non quello che la cultura storica in cui siamo nati ci dice sia bene o male senza il nostro permesso.

Grandi riflessioni sulla vita si devono accompagnare a grande addestramento del corpo e delle facoltà mentali.

Quando parliamo di “addestramento” non intendiamo l’esecuzione di semplici ordini robotizzati, ma l’interiorizzazione e completa assimilazione del­l’azione entro un modo di fare e di essere.

Se non partiamo dal miglioramento di sé e delle proprie capacità, avremmo sempre bisogno di dare istruzioni e ordini, senza mai arrivare al fatto che le persone abbiano la volontà interiore di migliorare e la capacità di dirigere le attenzioni dove serve, arrivando a un’autonomia operativa che toglie il bisogno di essere guidati passo per passo. Il vero salto di qualità in un gruppo avviene quando si ha sempre meno bisogno di dare ordini e sempre più coscienza autonoma di che cosa è bene fare data la situazione, il contesto, la sfida, il compito, lo stato delle cose.

Una Formazione vera deve passare non solo dai concetti ma entrare nel­l’azione in cui questi concetti possono essere provati, vissuti, toccati con mano.

Il valore del­l’esperienza è assoluto, ma serve l’abilità di apprendere dal­l’esperienza (la “metacapacità” di apprendere dal­l’esperienza): potremmo cadere senza capire mai perché siamo caduti, potremmo stare male senza capire mai perché e come siamo arrivati a stare male, potremmo persino avere dei risultati ottimi senza capire se è stato frutto del caso o di qualche nostra strategia che possiamo replicare e potenziare. Possiamo vivere una vita come alghe mosse dalle correnti senza mai mettere a sistema nel nostro repertorio di comportamenti le modalità vincenti che invece ci appartengono:

  • nelle aziende, possono e devono diventare team speciali i team di progetto che vogliono sviluppare idee e concetti d’innovazione, si concentrano su come progettare un futuro veramente migliore dando vita a progetti nuovi, innovazione vera e non solo su carta o per fini pubblicitari e di propaganda, cui segua il nulla;
  • diventano team speciali anche le famiglie che decidono di far crescere figli sani, coscienti e forti, in una società che offre loro modelli malati, una sfida per certi versi enorme;
  • sono forze speciali i corpi scelti del­l’esercito e altre forze che operano in ambienti difficili e in missioni critiche, rischiando la vita e con sacrificio;
  • sono team speciali, in un concetto esteso, le équipe mediche che effettuano interventi difficili che pochi altri riescono a realizzare;
  • sono team speciali i team agonistici e sportivi negli sport estremi, che devono trovare il modo di esplorare ogni angolo del potenziale umano, se vogliono sopravvivere;
  • sono team speciali i team sportivi anche in sport ordinari, dove la percezione di quello che si fa diventa sacra;
  • sono forze speciali gli operatori che agiscono nelle centrali operative, di sicurezza e protezione civile, e devono apprendere l’arte del coordinamento di migliaia di flussi informativi, arrivando a comprendere significati nascosti ai più, per poi trasformarli in decisioni e azioni;
  • sono persone speciali e gruppi speciali alcuni gruppi dediti alla spiritualità o alla religione, in cui si giunge alla trascendenza dei limiti umani e alla connessione con valori sovrumani, sovrordinati, percependo un senso del­l’universo che sfugge alle persone comuni. Anche la spiritualità ha proprie forme di leadership.

Per essere veri leader serve visione. Ma visione vera, proiettata in un futuro migliore, non solo nel prossimo “trimestre finanziario” come accade troppo spesso nelle aziende.

I governanti pensano a inaugurare garage e centri commerciali, mentre gli scienziati ci dicono che dovremmo preoccuparci di altro.

Da un’intervista a Stephen Hawking, astrofisico:

Domanda. Quale sarà il nostro destino come specie, secondo lei?

Risposta. Credo che la sopravvivenza della specie umana dipenderà dalla sua capacità di vivere in altri luoghi del­l’universo, perché il rischio che un disastro distrugga la Terra è grande. Quindi vorrei suscitare l’interesse pubblico per i voli spaziali. Ho imparato a non guardare troppo in avanti, a concentrarmi sul presente. Ci sono ancora molte altre cose che voglio fare (Valenza 2015).

Chi si preoccupa di qualche cosa di più grande di se stesso ha capito il valore della vita. Chi cerca di lasciare un contributo fisico o morale, un lascito che può andare oltre la propria vita individuale, è un vero leader spirituale e morale, gli altri sono solo maschere che abusano di questa parola.

© Daniele Trevisani. Testo estratto dal libro Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team. Franco Angeli editore. Con commenti inediti dell’autore.

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Coaching. Una questione di “memetica”

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di Daniele Trevisani, estratto dal libro in costruzione “Psicologia della Libertà: Percorsi di Crescita Personale”, edizioni Mediterranee, Copyright. Per l’invito alla presentazione è possibile l’iscrizione gratuita alla rivista online Communication Research e Potenziale Umano http://eepurl.com/b727Pv

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Memetica deriva dalla parola meme, assimilabile a traccia mentale, idea o credenza. Il “meme” è la base di ogni cosa che pensiamo, di ogni nostro pensiero.

La memetica si occupa di come idee e tracce mentali passano da individuo a individuo, così come la genetica si occupa di geni e informazioni biologiche che si trasmettono da un individuo verso i propri discendenti.

Se guardiamo alle idee, ogni idea, siamo di fronte a qualcosa che è nato, è stato trasmesso, e cerca di trasmettersi a sua volta da individuo ad individuo.

Il problema è la nostra mancanza di filtro, o inadeguatezza di filtro.

Alcuni memi aziendali, come il Just in Time, e altre “mode” manageriali, sono bolle provenienti da “virus” nati in magari sotto effetto di sostanze stupefacenti e alcool, e seminano scompiglio, hanno grande diffusione per poi morire e svanire nel nulla.

Altri permangono e resistono a ogni attacco esterno e interno.

Antichi memi, ed esempio della cultura latina, sono lì, dormienti, in attesa di essere riscoperti, come è accaduto di recente al “termalismo” e alla diffusione delle SPA (centri termali alberghieri) in tutto il mondo.

Arcaici memi recuperati, ad esempio lo slow food – non fanno altro che ripristinare idee vigenti prima – nel caso, nella realtà contadina rurale, i suoi tempi e un maggiore contatto con la natura via dalla frenesia. La New Age riprende lo spiritualismo che troviamo in ogni antica religione, unendolo a memi di forma più tecnologica (supplementi alimentari, integratori, tecniche mentali) e pratiche fisiche, arti marziali, bioenergetica, tecniche olistiche di ogni tipo.

Il meme, secondo Dawkins[1], è un replicator di informazioni culturali analogo al gene. Nelle sue parole: “Proprio come i geni si propagano da corpo a corpo attraverso sperma o uova, così fanno i memi trasmettendosi da cervello a cervello”.

Alcune analisi rese possibile dalla memetica:

  • nel LifeCoaching. Quali sono le tue convinzioni profonde sul concetto di “essere una brava persona” o un “bravo professionista” e come tu lo stai seguendo ora? Quali di queste ti stanno facendo del male? Quali vogliamo tenere? Di cosa vorresti liberarti? Quali nuove idee dobbiamo assorbire per stare meglio (es., su alimentazione, relazioni umane, tempo per se stessi, tornare a vivere a pieno)? Come fare a far sì che queste idee non rimangano solo idee, ma diventino poi abitudini e si radichino in te e diventino veramente tue?
  • nelle società: come si è diffuso l’odio verso gli ebrei durante il nazismo. Da dove è nato è come ha fatto a diffondersi, propagandosi da persona a persona?
  • in azienda: quali sono le tue convinzioni profonde su come ci si comporta con i collaboratori? E con i superiori? E con i colleghi di pari livello? E con i fornitori? E con i clienti? E su quando ci sta bene una litigata e quando no? E sul limite della sopportazione? E Sugli equilibri vita/lavoro? Come faccio a inserire un concetto, es “rispetto del cliente interno” in ogni membro, dai reparti produttivi sino al top management?
  • nello sport. Per un atleta: come faccio a dissociare le sue gare dal concetto di “ansia” e di “prestazione forzata” e associarli al concetto di “gioia di vivere”?

La natura fa enormi sforzi per trasmettere i propri geni. Ogni essere vivente è impegnato in una battaglia costante per trasmettersi e replicarsi. Lo stesso vale per le idee. Chi porta con se convinzioni, opinioni, Visioni del mondo, cerca costantemente di influenzare gli altri e trasmettere i propri memi.

Nel Coaching è essenziale esaminare lo sfondo memetico della persona. Lo sfondo riguarda la mappa delle credenze del soggetto (Belief System), la sua cultura e i suoi valori, la Visione della vita (Weltanschauung, in filosofia) e le credenze sul mondo. Come tale, ha un’influenza determinante su quello che facciamo e come lo facciamo.

E siccome il Coaching vuole modificare in meglio quello che facciamo e come lo facciamo la memetica diventa una scienza per noi cruciale.

[1] Dawkins, R., (1976), The Selfish Gene, Oxford University Press. Trad. it. Il gene egoista, Mondadori, Milano, 1995.

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di Daniele Trevisani, estratto dal libro in costruzione “Psicologia della Libertà: Percorsi di Crescita Personale”, edizioni Mediterranee, Copyright. Per l’invito alla presentazione è possibile l’iscrizione gratuita alla rivista online Communication Research e Potenziale Umano http://eepurl.com/b727Pv

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Le 7 vie per lo sviluppo personale secondo Rogers, e le azioni concrete da realizzare

Sette caratteristiche che permettono lo sviluppo personale. Il Metodo “Centrato sulla Persona” di Rogers

(Daniele Trevisani, estratto dal libro in costruzione “Psicologia della Libertà: Percorsi di Crescita Personale”, edizioni Mediterranee). Per l’invito alla presentazione è possibile l’iscrizione alla rivista online Communication Research e Potenziale Umano http://eepurl.com/b727Pv

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Si deve a Carl R. Rogers il contributo identificato in letteratura come “approccio centrato sulla persona” o “approccio centrato sul cliente”, che ha dato vita alla scuola metodologica del counseling e della psicologia umanistica.

Il potenziale umano secondo Rogers dipende dal raggiungimento di uno stadio di sviluppo personale ottimale.

Lo sviluppo ottimale significa che ogni organismo sano continui a cercare di soddisfare il proprio pieno potenziale, con un atteggiamento fluido di ricerca continua e senza standard fissi.

Rogers in particolare individua sette caratteristiche che permettono lo sviluppo del potenziale umano verso quella che egli definisce una “persona pienamente funzionante” (“fully functioning person“)[1]

  1. Una crescente apertura all’esperienza – le persone pienamente funzionanti si allontanano progressivamente da uno stato di difensività permanente, e non apprezzano gli stati di soggezione.
  2. Un approccio esistenzialmente crescente – vivere ogni momento a pieno – senza il bisogno di distorcere le percezioni per adattarle alla propria personalità o al proprio concetto di sè, ma permettendo alla propria personalità e al proprio concetto di sè (“self-concept“) di vivere quelle esperienze. Il risultato è un crescente livello di energie, di interesse, adattabilità, tolleranza, spontaneità, e riduzione delle rigidità.
  3. Crescente fiducia nell’organismo e fiducia in sè – aumenta la fiducia in sè e nei propri sensi e intuiti, l’abilità di scegliere i comportamenti appropriati per ciascun singolo momento, si riducono le condizioni di ansia decisionale e incertezza. Le persone che sviluppano un buon livello del proprio potenziale personale non hanno l’esigenza di affidarsi incondizionatamente a rigidi codici preesistenti e norme sociali preordinate, ma sono aperti all’esperienza e sanno che potranno fidarsi di sè stessi nel decidere cosa è giusto e sbagliato.
  4. Libertà di scelta – non essendo incatenati dalle prescrizioni che influenzano le persone incongruenti, sono in grado di compiere una grande gamma di scelte con maggiore fluidità. Sono convinti che essi stessi giocano un ruolo importante nel determinare il proprio personale comportamento e si sentono responsabili per i propri comportamenti.
  5. Creatività– il maggiore stato di libertà esistenziale produce maggiore creatività in modo spontaneo. Le persone saranno più creative nel modo in cui si adattano alle proprie personali circostanze senza sentire un bisogno di conformismo.
  6. Affidabilità e costruttività – ci si può fidare sul fatto che queste persone agiranno in modo costruttivo. Un individuo che sia aperto verso tutti i propri bisogni riuscirà a mantenere un equilibrio tra essi. Persino i bisogni aggressivi saranno accompagnati e bilanciati da bisogno di bontà intrinseca che esiste nelle persone congruenti.
  7. Una vita vissuta a pieno (“rich full life“) – Rogers descrive la vita delle persone pienamente funzionanti come moralmente ricca, piena ed eccitante, in cui la persona vive sia esperienze di gioia che di dolore, di amore e di sofferenza, di paura e di coraggio, più intensamente. Si produce in questo modo uno stato di maggiore “capacità di vivere nelle emozioni” opposto ad una “anestesia emotiva costante”. La descrizione di Rogers di “una buona vita” è lontana dalla visione di una vita statica, come osserviamo dalle sue stesse parole: Questo processo di buona vita non è, ne sono convinto, una vita per deboli di cuore. Comprende l’allargamento e la crescita nel divenire più e più aperti alle proprie potenzialità. Riguarda il coraggio di essere. Significa lanciare se stessi pienamente all’interno del “flusso della vita” (stream of life).

Da queste riflessioni derivano alcune competenze pratiche per chi si occupa di formazione, di coaching e counseling:

 

  • Saper costruire laboratori esperienziali
  • Saper individuare le resistenze e obiezioni latenti
  • Saper sviluppare percorsi di coaching individuali
  • Sviluppare percorsi di coaching di gruppo
  • Creare strumenti di monitoraggio dei risultati
  • Tecniche di colloquio sotto stress
  • Gestione dello stress
  • Supervisione di sessioni di coaching e counseling
  • Coaching destrutturato: abilità di ascolto e sviluppo del “flusso” di quanto accade, senza predisposizione di gabbie metodologiche
  • Strutturare percorsi di coaching e counseling tramite moduli specifici e denominabili (approccio strutturato)
  • Individuare le “scale di apprendimento” e gli step di apprendimento
  • La ricerca di un’organizzazione interiore ancora prima che esterna
  • Competenze relazionali avanzate per operare in contesti di coaching complessi e aziende o organizzazioni complesse
  • Autocontrollo in condizioni critiche

 

Su cosa agire: livelli del Training Mentale per il coaching e counseling aziendale

  • Attenzione
  • Memoria
  • Concentrazione

 

Su cosa agire: livello avanzato

  • Attenzione al livello fisico e agli stati fisici
  • Livello emotivo e rigenerazione emotiva
  • Livello mentale, capacità di ascolto delle mappe mentali
  • Sviluppo della pace interiore e stabilità personale
  • Sviluppo delle aspirazioni alla ricerca continua
  • Sviluppo delle capacità sensoriali e micro-sensoriali
  • Abilitazione delle capacità spirituali
  • Individuare e rimuovere le nevrosi organizzative nei contesti di gruppo
  • Capire in profondità gli scenari
  • Saper creare domande che aprono ragionamenti importanti
  • Mantenere un flusso organizzato e costante di azioni di coaching e counseling
  • Avere il coraggio di fare e farsi domande crescentemente sfidanti

[1] Carl Rogers (1961), On becoming a person: A therapist’s view of psychotherapy. Constable, London. Isbn=1-84529-057-7

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(Daniele Trevisani, estratto dal libro in costruzione “Psicologia della Libertà: Percorsi di Crescita Personale”, edizioni Mediterranee). Per l’invito alla presentazione è possibile l’iscrizione alla rivista online Communication Research e Potenziale Umano http://eepurl.com/b727Pv

Anteprime di “Psicologia della Libertà” di Daniele Trevisani, edizioni Mediterranee

E’ arrivata finalmente. La bozza editoriale del prossimo libro, “Psicologia della Libertà” in uscita ad aprile 2018, Edizioni Mediterranee. Ora mi attende una settimana di grande lavoro di micro-correzione ma il testo lo merita. Ecco le prime righe.

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E… è possibile ricevere l’invito alle varie presentazioni che si terranno iscrivendosi alla rivista online dal link http://eepurl.com/b727Pv

Altri estratti e passaggi spot

 p. 16 le scuole devono diventare templi del potenziale umano di ogni bambino e ragazzo, non luoghi di produzione di automi mentali.

p. 17 in questo libro esamineremo le opportunità, i metodi e concetti
che possono essere utili a chi si occupa di “liberazione delle potenzialità
delle persone”, fisiche e mentali, e quindi per operatori
che agiscono nel campo coaching, counseling, formazione, ad allenatori sportivi, ai leader e responsabili di ogni organizzazione.
Cerchiamo anche riflessioni e metodi utili a chi opera nelle imprese,
e in ogni essere umano che cerca il sapore di un pensiero
senza vincoli, ragionando su spunti e concetti liberatori.
in un percorso di psicologia della libertà vogliamo aiutare le
persone a riflettere sulla vita, sugli obiettivi che possono dare
spessore e valore, e supportare i percorsi di crescita personale.

p. 14 ecco su cosa si dovrebbe lavorare in un progetto di coaching olistico serio, un
programma di crescita personale che lavora su più lati della persona:
• intelligenza logico-matematica: capacità di astrazione, pensiero
logico, ragionamento, uso dei numeri, pensiero critico
• intelligenza linguistica: capacità nell’uso della parola e del linguaggio,
leggere, scrivere, raccontare, comunicare tra persone
• intelligenza visivo-spaziale: capacità di valutazione degli spazi
e visualizzazione mentale
• intelligenza musicale e armonica: sensibilità per il suono,
ritmo, toni e musica, per gli equilibri e le armonie
• intelligenza corporea-cinestesica: capacità di controllo del movimento,
del corpo, della gestione di oggetti, dell’azione fisica,
capacità di espressione fisica e sensibilità al corpo
• intelligenza inter-personale: sensibilità agli stati d’animo, alle
relazioni, alle interazioni umane, alla comunicazione, empatia
aumentata
• intelligenza intra-personale: introspezione e auto-riflessione,
comprensione dei propri punti di forza, debolezza, unicità, le
proprie emozioni e sensazioni, conoscere se stessi
• intelligenza naturalistica: interazione con l’ambiente, classificazione di oggetti e cose, ricettività ecologica, amare l’universo
e capirne il nostro ruolo, tempo, spazio, luogo e storia
• intelligenza esistenziale: dimensione religiosa, spirituale, capacità
di inserire se stessi e gli eventi in una cornice filosofica,
avere una filosofia di vita evoluta e autodeterminata5.
ogni bambino e adolescente, cui sia negata un’opportunità di
esplorazione del mondo (e di sé) da questi punti di vista, è
un’anima che rischiamo di perdere. Non possiamo permettercelo.
ogni adulto che arrivi a considerare questi temi “cavolate”, a
pensare che la vita vera si debba racchiudere nel lavorare senza
farsi tante domande, fare la spesa e guardare la tv, è un’anima
persa.
Ma ogni anima, per quanto persa, ha dentro un’opportunità di
recupero, e a questa puntiamo con forza. il risveglio delle persone
è possibile.
Occorre allora porsi delle domande.
La prima… Quanto potenziale abbiamo?

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Copyright, da  “Psicologia della Libertà” in uscita ad aprile 2018, Edizioni Mediterranee.