Capitolo in omaggio dal volume Personal Energy, di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore

Capitolo in omaggio dal volume Personal Energy, di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore:

Capitolo Personal Energy Italiano Cap 4 La Libertà Esperienziale scaricabile direttamente in pdf – omaggio dell’autore, dal volume edito, con note personali dell’autore – click qui per scaricare

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Rivista Communication Research n.3-2014

Rivista online di Formazione, Coaching delle Energie Personali e del Potenziale Umano, Ricerca sul Fattore Umano e Divulgazione

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Creare le circostanze: equilibri ed alchimie tra la mente razionale e la mente emozionale

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Copyright Dal volume Personal Energy, di Daniele Trevisani

La mente razionale e la mente emotiva lavorano in modo diverso. Imparare quando ascoltare l’una e quando ascoltare l’altra è un’arte. Un’arte da allenare.

Daniele Trevisani

Se la vita non ci offre al momento circostanze per esprimerci, è nostro preciso impegno crearle. E quando avremo fatto questo per noi, è nostro dovere aiutare gli altri a farlo.

Per i coach e i formatori, questo significa inoltre costruire occasioni in cui una persona possa sperimentarsi per amplificare le proprie sfere di azione.

Vi sono due grandi abilità ed arti da allenare. La prima: imparare a fare un’analisi razionale di un problema. La seconda, imparare ad ascoltare meglio le nostre emozioni, sensazioni, e desideri più profondi. Allenare la mente razionale e allenare la mente emozionale significa potenziare le due gambe che ci permettono di correre. Con una gamba sola, non si corre bene.

E più riusciamo a fare analisi corrette, identificare i fattori di successo di un progetto, o analizzare correttamente un problema (problem solving), più riusciamo ad essere efficaci. Più riusciamo a dimenticare la razionalità quando serve e connetterci solamente alle sensazioni ed emozioni che stiamo vivendo, ascoltarle, più ci sentiamo efficaci.

Più siamo coscienti dei nostri funzionamenti interni (biologici, fisici, emotivi) ed esterni (come siamo nei rapporti umani, e perché), più siamo padroni di noi e non schiavi di meccanismi che non conosciamo.

 

Ogni briciolo di coscienza in più vale una tonnellata d’oro

Noi abbiamo bisogno sia delle energie che provengono dalle emozioni, sia della capacità di essere razionali quando serve. Se sbagliamo assetto, se usiamo la mente razionale o la mente emozionale nel momento sbagliato o nel modo sbagliato, non saremo efficaci.

Se non capiamo cosa ci succede dentro, se non capiamo quali meccanismi mentali ci stanno accadendo e quali vogliamo potenziare o depotenziare, siamo marionette in mano ad un burattinaio che non ci vuol bene.

L’autoefficacia cresce anche e soprattutto quando scopri che un’azione – che prima non avevi pensato possibile o che ti era ignota, o sulla quale non avevi riflettuto, o che non avevi sperimentato – entra nel campo del possibile. In pratica, riesci a farla. Se scopri di poter correre per 2 metri, è il primo passo per poter arrivare a correre anche per chilometri. I piccoli micro-successi danno speranza.

Questo genera ancora maggiore autoefficacia, e progressione verso nuove mete di sviluppo. Una spirale positiva di crescita, alla base della quale si colloca l’aspirazione alla felicità, un dono supremo che non dipende strettamente da quanto possiedi ma da quanto sei riuscito a dominare i tuoi pensieri e dirigerli verso mete positive. Un orizzonte ricco di speranza e aspirazioni rimane sogno sinchè non si padroneggia l’alchimia sottile e l’equilibrio tra capacità emotive e capacità di analisi scientifica.

L’aspirazione alla felicità è un principio umano, ma essa non arriva miracolosamente, serve impegno anche per questo.

Come osserva Shaw[1]:

 

Le persone che si lamentano del proprio stato danno sempre la colpa alle circostanze. Le persone che vanno avanti in questo mondo sono quelle che si danno da fare e cercano le circostanze che vogliono e se non riescono a trovarle, le creano.

 

Facile da dirsi, più difficile farlo. Ma non impossibile, assolutamente fattibile, anzi, se abbiamo il metodo giusto e il supporto di professionisti.

Potrebbe sembrare semplicistico o utopico, ma proviamo a pensare cosa accade ad una persona intrisa di un pensiero contrario, che crede fermamente nel fatto che niente sia possibile: annullamento, morte, devastazione.

Dare senso alla vita e al potenziale personale è una forma di emancipazione.

Le nostre risorse latenti sono enormi. Tante volte questo potenziale ci è accanto, senza che noi ce ne accorgiamo nemmeno.

Come un seme di una quercia contiene già l’intera pianta, come un ruscello che può diventare fiume, la missione dell’uomo è valorizzare se stesso ed esprimere tutto ciò che di positivo ha da dare.

Anche in un ambiente che ti dice il contrario.

Anche in mezzo a persone che ti hanno già “battezzato” come fisso in ciò che sei, o che ti opprimono psicologicamente.

Anche e soprattutto in un sistema corrotto, di raccomandati, o culturalmente medioevale, che soffoca le aspirazioni individuali.

Emergere dalle paludi che ti vogliono soffocare è eroico e da ancora più valore alla passione per la scoperta di sé.

Vivere le passioni, vivere con passione, è sentire la vita pulsare.

Non farlo significa castrarsi da soli, amputarsi, darla vinta alla morte prima del tempo. O, cosa peggiore, perdere senza lottare.

Sicuramente, chi porta avanti ideali e progetti con convinzione, sicuro di credere in una causa giusta, ha una vita più densa di contenuti, di problemi ma anche di gioie. È inevitabile che una vita vissuta all’ombra e silenziando le proprie aspirazioni dia poco fastidio, faccia poco rumore, e altrettanto inevitabile è che distrugga il senso stesso di essere umani fino in fondo.

Chi crede in qualcosa ed è disposto a lottare per le sue idee deve anticipare una vita movimentata.

Anche perché chi crede in qualcosa inevitabilmente produce cambiamento, finisce per alterare degli status, rompe finti equilibri, non si accontenta della stasi.

Come evidenzia Pound:

 

E’ molto difficile per un uomo credere abbastanza energicamente in qualcosa,

in modo che ciò che crede significhi qualcosa,

senza dare fastidio agli altri

Ezra Pound[2]

 

Fare, agire, riflettere, mettersi in discussione, ricentrare i propri obiettivi. Operazioni che fanno onore, al di là del risultato. Degne di orgoglio in sé.

Come anche il valorizzare i propri talenti, chiedersi se siamo diretti nella direzione giusta, apprendere ciò che è importante per noi, disapprendere e abbandonare ciò che non ci fa bene.

Tutto questo, richiede un ancoraggio forte, avere valori solidi e forti che non ci lascino mai soli.

Il viaggio di apprendimento è appena iniziato, ma la brezza che si respira fa bene al cuore.

 

 

[1] George Bernard Shaw (1856 – 1950), drammaturgo, narratore e saggista irlandese, premio Nobel per la letteratura, tratto da La professione della signora Warren p. 56, Fonte: http://it.wikiquote.org/wiki/George_Bernard_Shaw

[2] Ezra Weston Loomis Pound – (Hailey, 30 ottobre 1885 – Venezia, 1 novembre 1972) poeta statunitense, visse per lo più in Europa, fu uno dei protagonisti del modernismo.

Copyright Dal volume Personal Energy, di Daniele Trevisani

Una nuova arte del produrre e ri-generare le energie personali

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Copyright Dal volume Personal Energy, di Daniele Trevisani

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In ogni persona e in ogni organizzazione vengono profuse energie per ricercare il piacere (gioia, soddisfazione, sensazioni positive, risultati, contributi) e rimuovere la sofferenza e il dolore, in qualsiasi forma si presentino (disorganizzazione, confusione, malattia, perdita di senso).

Spesso queste energie vengono profuse per “riparare” danni, ma non per costruire. Rimosso il dolore, il lavoro si ferma, sino al prossimo danno o malattia dell’individuo o dell’organizzazione.

Troppe volte ho visto persone e aziende mettere “pezze” su impalcature organizzative che non le potevano reggere, medicare con acqua fresca ferite che chiedevano suture. Ho visto rattoppare castelli di sabbia spacciandoli per grattacieli.

Guardare avanti e costruire il nuovo è uno degli scopi primari di un metodo proattivo sul potenziale umano, un orientamento che differenzia il coaching dalla terapia. Il coaching ha lo scopo primario di costruire, mentre la terapia intende soprattutto “riparare”.

Lavorare a qualcosa di costruttivo significa anche poter esprimere se stessi, (self-expression), sviluppare progetti e idee di cui essere fieri ed orgogliosi (self-achievements), portare nel concreto il proprio potenziale (self-actualization). Alcune riflessioni:

 

  • Rigenerare significa cambiare stile di vita quando quello attuale ci offre segnali di disfunzione: saperli ascoltare, non soffocarli.
  • Rigenerare significa avere aria fresca da respirare, fare nuove esperienze.
  • Rigenerare significa cambiare stile di pensiero: come pensiamo oggi. Occorre umiltà: il nostro stile cognitivo attuale non è necessariamente il modo migliore di pensare.
  • Possiamo agire sulla capacità di vedere le cose e usare tecniche mentali più produttive. Possiamo metterci in discussione e crescere anche su questo piano.
  • Un percorso di Crescita Personale è arte e tecnica, chiede impegno ma offre doni immensi.

 

E’ importante andare avanti, anche quando la massa rimane ferma in un acquario di stupidità, anche quando sembra di essere strani e ci si sente soli. La solitudine è accettabile e a volte persino inevitabile, quando accompagna momenti di profonda crescita e cambiamento.

E dopo aver cambiato noi stessi, siamo certi che le persone che ci circonderanno o si uniranno a noi, saranno migliori. Sperimenteremo un’unione con dei valori, forti e saldi, che non ci faranno mai sentire soli, un’unione con chiunque abbia sostenuto e stia sostenendo un viaggio di crescita personale, sperimenteremo un’unione con persone e idee e le sentiremo vicine, non importa quanto distanti nel tempo e nello spazio.

Accettare di uscire dalla massa forzata, è in sè un valore.

 

Io non ho scritto per gli imbecilli.

Per questo il mio pubblico è ristretto.

Arthur Schopenhauer

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Copyright Dal volume Personal Energy, di Daniele Trevisani

 

L’ Acquario Esistenziale

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Copyright Dal volume Personal Energy, di Daniele Trevisani

Molti raggiungono – in diversi momenti della vita – la sensazione di essere immersi in un acquario.

Un luogo nel quale nuoti, ma solo entro quelle quattro maledette mura trasparenti, che ti danno l’illusione di essere libero mentre non lo sei.

I sassi sono sempre quelli, ogni tanto qualche altro pesce muore, ogni tanto qualche altro ne entra, ma tu sei sempre li. In quel maledetto acquario.

Lo senti quando inizia a pulsarti dentro l’idea che sia ora di cambiare qualcosa, senti di essere immersi in un acquario esistenziale ristretto, che li soffoca.

È una sensazione spesso fisica, sottile, travestita da un senso di disagio, o un senso di oppressione, può assumere forme fisiche, senso di oppressione, mal di testa, dolori alla schiena, allo stomaco, capogiri, o senso di fatica generale. A volte si manifesta sotto forma di “mancanza di senso”, non capire più bene che senso ha il proprio essere, o la vita che si sta conducendo. Altre volte si manifesta come senso di inadeguatezza, o ansia, o persino depressione.

 Siamo pesci nati per nuotare nel mare.

Siamo uccelli nati per il cielo e non per le gabbie.

Siamo animali che appartengono alle foreste e non agli zoo.

Per questo stiamo male negli acquari ristretti, nelle gabbie aziendali, e negli zoo umani.

(Daniele Trevisani)

 Raramente abbiamo la capacità di entrare in profondità e capire cosa nel nostro stile di vita produce disagio, poiché per farlo servono abilità specifiche e aiuto esterno.

Tutti i segnali che sentiamo ci dicono che qualcosa non va nel nostro intero sistema di vita. Questi segnali vanno ascoltati.

Ma non vorrei che qualcuno pensasse che stiamo parlando di un metodo psicoterapeutico per persone con problemi psicologici. Stiamo parlando di tutti.

Non esiste una sola persona nel pianeta che possa dirsi arrivata sempre, per sempre, e comunque.

Non esiste nessuno che possa estraniarsi dalla domanda fondamentale: “che contributo superiore posso dare agli altri e alla razza umana”? E questa pulsione tocca molti, moltissimi: la stragrande maggioranza delle persone, ha dentro di se una pulsione a migliorarsi (la tendenza attualizzante identificata da Carl Rogers) e ad aiutare gli altri. Non trovando strade per concretizzarla, la soffocano o la posticipano, o peggio la annullano. Nei casi peggiori, si affidano a metodi sbagliati, o a guru e sette pseudo-religiose che offrono loro un terreno magico di crescita, utilizzando pratiche psicologiche di manipolazione.

La soluzione diventa a questo punto avere un metodo di sviluppo e di crescita serio e efficace, che rimanga etico. Un metodo cioè che non ti tolga il volante dalle mani, non ti costringa a pensare in cosa devi credere, e non ti chieda una obbedienza cieca ed assoluta e quindi – automaticamente – di smettere di ragionare con la tua testa.

Serve un metodo che ci aiuti a passare dalla “sensazione sentita” del desiderio di crescita, alla sua attuazione.

La “sensazione sentita” è una sensazione spesso corporea, viscerale e difficile da spiegare a voce (tecnicamente, una BodilyFelt-Sensation[1]– BFS) – ma ascoltarla ci fa bene, ci guida piano piano, conducendoci per steps, anche piccoli, verso nuove direzioni.

Serve un metodo efficace per alimentare le risorse personali, e in particolare, nel metodo HPM (1) energie, (2) competenze, (3) direzionalità.

tre aree del metodo HPM

Questi diversi “motori di sviluppo” vanno messi in sinergia, così come un auto ibrida utilizza diversi motori per generare moto nella stessa direzione.

Nel mio lavoro di formatore aziendale, ma anche come coach di team sportivi o individui, ho potuto avere a che fare con migliaia di persone, e trovare che potevo agire su diversi “strati” di queste persone. Questo sia che si trattasse di formazione aziendale o di sport o piani di crescita individuale.

Gli strati sui quali ho notato si possono ottenere maggiori risultati sono Energie, Competenze, Progettualità.

Sbloccarle, iniettare passione, e aumentarle, è il tema del metodo di coaching HPM (Human Performance Modeling).

La natura del metodo è soprattutto quella di evitare assolutamente di cadere nella deriva delle “sette” o dei metodi che “chiedono di crederci e basta”.

Si tratta di un metodo che espone aree di lavoro aperte, sulle quali la persona mantiene il controllo totale. Tuttavia, fa ciò che deve fare un modello di sviluppo: offre aree e metodi che orientano la persona per passare dalla famosa “sensazione sentita” (Bodily-Felt-Sensation) di voler crescere e migliorare, ai passi concreti, gli steps di miglioramento.

 

Chi agisce non ha tempo per criticare: è troppo occupato a fare. Lavora anzichè trovare da dire, si rende utile a coloro che non hanno altrettanto talento.

Wayne Dyer

 

[1] Il termine fa riferimento alla tecnica di Focusing, sviluppata da Eugine Gendlin nell’ambito della Psicologia Umanistica, vedi riferimenti in bibliografia.

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Copyright Dal volume Personal Energy, di Daniele Trevisani

La componente eroica del viaggio nel potenziale umano

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Il viaggio verso il pieno potenziale va tentato, la lotta a volte impari lo rende eroico, e il solo sforzo dà senso ad un’intera esistenza.

Copyright Dal volume Personal Energy, di Daniele Trevisani

C’è chi pensa che tutto sia inutile. Altri invece, pensano che ogni singola persona abbia un valore intrinseco, e che la formazione, l’educazione, lo stare assieme, le sfide importanti, o semplici piccole azioni quotidiane di aiuto o amore verso il prossimo, siano leve per farlo sbocciare.

C’è chi spera in un futuro migliore e possibile, chi desidera il progresso, chi lavora o da contributi per un futuro di sempre maggiore libertà.

La libertà è emancipazione e espressione, è credere che l’avventura di esistere e il viaggio nella vita siano un bene prezioso, da non sprecare.

Per tutti questi il gruppo[1] è aperto… per condividere idee, pensieri, libri, iniziative, contributi, e qualsiasi cosa ci verrà in mente…

Nella vita esistono poche certezze. Una di queste è che qualsiasi persona ha un potenziale da esprimere, a qualsiasi punto si trovi della sua evoluzione. Ciascuno di noi è una creatura con immense possibilità da esplorare.

Cercare queste strade è decisamente eroico proprio per chi vive in un sistema che – queste strade – le blocca.

Essere “vigliacchi” (senza offesa personale) significa lasciarsi andare nel torrente delle banalità, non cercare alternative, non chiedersi cosa sia veramente possibile. Lasciarsi andare alle pay-tv, ai reality, al gossip, alle letture stupide, non mettersi in discussione, non mettere in discussione le idee dominanti e scansionare quello che si ha nella mente, setacciare le idee altrui e persino le proprie per capire quali sono buone, e quali sono spazzatura tossica di cui liberarsi.

E il momento in cui iniziare il percorso del disintossicarsi, è adesso.

 

…Rimandare sistematicamente è un modo per evitare di fare.

Chi non fa è assai spesso uno che critica,

ossia sta a guardare quelli che fanno

e si gonfia del proprio illuminato parere sul loro operato.

E’ facile criticare, ma agire costa fatica, esige che si corrano dei rischi e che si vada incontro a mutamenti.

Wayne Dyer[2]

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Copyright Dal volume Personal Energy, di Daniele Trevisani

 

[1] Il senso di “gruppo” fa riferimento alla volontà di sentirsi, seppure come lettori, parte di una comunità di altri lettori, di altre persone che si stanno impegnando o intendono farlo, per la causa della crescita personale e collettiva, l’accesso al potenziale personale e lo sviluppo umano. Iniziative di incontri di gruppo, formazione e community sono disponibili presso il sito www.studiotrevisani.it

[2] Fonte: Wayne W. Dyer. Le Vostre Zone Erronee – Guida All’indipendenza Dello Spirito.

L’equazione di quanto vali esiste?

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Ho ragionato a lungo e scritto parecchio sul tema “quanto vali” cercando di portare il ragionamento su una crescente auto-valutazione, tenendo alla larga il valore che le norme del consumo e le aspettative culturali ti impongono ogni giorno.

Nel libro Psicologia di Marketing e Comunicazione ho analizzato un meccanismo di base che spinge l’acquisto:  “Da qualsiasi angolatura la si osservi, la problematica dell’acquisto deve, prima o poi, essere confrontata con quella della motivazione all’azione (i fattori che spingono l’individuo ad agire). La teoria della motivazione vede come unità motivante di base la tensione. Gli impulsi si innestano su stati di disequilibrio percepito, che creano spinta alla risoluzione del problema. L’impulso diviene movente di acquisto nel momento in cui si crea un collegamento mentale: la percezione che un prodotto/servizio sia lo strumento risolutivo del problema. L’azione di acquisto ne è il risultato, premesso che l’individuo disponga delle risorse o decida di procurarsele”.

Dove è il problema? Che sempre di più, ultimamente, il disequilibrio percepito è assurdo e non tocca i veri valori umani, lo spessore spirituale delle persone. Quando cominci a pensare che il vicino che ha cambiato auto – per aver preso una macchina tedesca anzichè italiana o coreana – sia per questo sia un “figo” o inizi a provare invidia, sei un uomo finito. Quando cominci a pensare di non valere se non hai un Iphone sei un uomo finito. Ma puoi riprenderti. Se solo riprendi le redini di come funzionano i tuoi auto-giudizi. Di quali parametri usi per giudicarti.

Aggiungo che i media cercano continuamente di proporci modelli dove il nostro valore viene equiparato ad una semplice sottrazione: il massimo possibile meno ciò che hai meno quando l’hai comprato o possiedi.

Es, una Maserati Quattroporte ultima versione diesel (che comprerei sicuramente, mi piace pensare ad un’auto elegante che consumi poco) – meno – la mia kia 1.7 diesel – meno 2 anni di età dell’auto = “inizia a sentirti un pò sfigato”. Se poi avessi una Fiat del 1990 secondo questa equazione non dovrei farmi nemmeno vedere in giro senza vergognarmi. Niente conta nel mondo dei consumi altro che i consumi.

Se ho scritto 9 o 16 libri poco importa. Vali per quanto consumi.

O almeno così vorrebbero farci credere. Credo che uno dei miei prossimi passi sarà costruirmi un orto personale e iniziare a chiedermi quanto profondi sono questi “memi” in me, e come sradicarli. Operazioni non facili ma indispensabili per non ridursi ad amebe viventi che ragionano come pecore di un gregge diretto verso un dirupo.

Non liberi di scegliere

Articolo tutto da leggere… un estratto:

Noi non siamo tedeschi, questo è certo, in Germania qualunque persona non tedesca venga trovata sul territorio senza dimostrabili possibilità di potersi mantenere o senza un lavoro viene subitaneamente rispedita dal luogo da cui proviene. Noi no, noi i clandestini li culliamo, gli coccoliamo, diamo loro case e soldi e nel contempo cerchiamo anche di farli passare delle belle giornate, o ci comportiamo così o qualcuno avrà la possibilità di tacciarci di razzisti, offesa a cui non potremo rispondere neppure con un sonoro ceffone, la legge, a noi, lo vieta. Questa è l’Europa che dovremmo votare, questa l’Italia in cui non ci hanno dato modo di votare ma che dobbiamo ugualmente subire. Potremmo finire con la ormai strapazzata e consunta frase “Ai posteri l’ardua sentenza” il peccato è che i “Posteri” saranno i nostri figli e i nostri nipoti.

vedi http://ilpuntodiprato.altervista.org/nome-delleuropa-e-dellaccoglienza-di-titta-berni/

Futuri bloccati

superdirigibile-sintesiPotremmo spostare noi stessi e trasportare le merci in alto nei cieli senza inquinare. Potremmo spostarci dal punto A al punto B velocemente e in sicurezza, in linea retta, anzichè strisciare come vermi, ancorati a per terra con le nostre auto fumose che bruciano alberi marciti (il petrolio).

Le tecnologie ci sono tutte. E, in buona parte, come vuole la tradizione di Leonardo da Vinci, partono spesso dall’Italia. Che regolarmente svende all’estero le proprie menti non riuscendo a dare loro uno straccio di azienda ad alta tecnologia e culturalmente visionaria, dove potersi applicare ed essere apprezzati.

Qualcuno tra i CEO delle case automobilistiche mondiali forse un giorno sbattendo il cranio contro un muro di cemento, ma duro parecchio, capirà che non serve ancorarsi al passato ma occorre guardare al futuro. Chi per primo lo capirà (e credo saranno Giapponesi o Coreani) avrà avuto il merito di dare all’umanità finalmente la libertà di muoversi davvero!

Ecco a voi uno stralcio della storia… e questa è solo una delle enormi altre alternative allo strisciare per terra ancorati a semafori, morte e incidenti, inquinando il pianeta, come vogliono tenerci ora.

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