Conscio, subconscio, inconscio

Conscio, Subconscio e Inconscio nella Psicologia del Marketing e Comunicazione

Psicologia del Marketing e della Comunicazione conscio subconscio inconscio comportamenti di acquistoConscio, subconscio e inconscio

A volte risulta difficile spiegare il comportamento delle persone nella sfera del consumo e del rapporto con i prodotti. Ci animiamo per questioni apparentemente futili (quale film vedere…), ma ci abituiamo a fatti che non dovrebbero lasciarci dormire (es: la produzione di mine antibambino). Un impiegato dedica una vita a far raccolte di tappi di bottiglia, un bambino non va a scuola senza quello specifico zainetto, un operaio non dorme se la sua auto non ha il cerchio in lega leggera cromato a cinque raggi, un manager soffre nell’indecisione su quale quadro alla parete può meglio comunicare la sua immagine all’interno dell’ufficio, ecc… ecc…. I casi umani sono tanti. Ogni persona ha le proprie ansie, paure, speranze, illusioni, e queste si trasferiscono anche nel comportamento di acquisto (e di riflesso, sulle strategie di vendita).

Se dovessimo catalogare in “consapevoli vs. inconsapevoli”, “razionali vs. irrazionali”, “realmente utili vs. futili”, gli acquisti e i comportamenti del consumatore medio, saremmo costretti ad attribuirne buona parte al  secondo tipo: illogico, irrazionale, difficile da spiegare.

Quando si entra nella sfera dei gusti e delle preferenze, esprimere consciamente perché odiamo un certo tipo di scarpe (es.: un adolescente che non sopporta i sandali aperti di cuoio “da frate”, pur essendo essi comodi e confortevoli), un vestito di un certo colore, un’azienda tedesca piuttosto che italiana, vede spesso goffi tentativi di ricerca di spiegazioni. Quando queste vengono attuate, si dimostrano spesso vere e proprie “azioni di copertura”. In queste azioni, l’individuo si sforza di riportare una coltre di apparente razionalità in scelte altrimenti difficile da spiegare anche a se stessi.

Il grado di consapevolezza delle proprie pulsioni infatti decresce nel passaggio da conscio a subconscio ed inconscio.

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Possiamo o meno essere d’accordo con le analisi freudiane, certo, tuttavia, risulta strano spiegare ricorrendo alla logica perché le persone non utilizzino più i cavalli come mezzo di spostamento a corto raggio, perché molte donne amino il giardinaggio, perché esistano gli sport violenti, perché i bambini siano attratti da attività quali lo smontare e il rimontare o l’arrampicarsi sugli alberi, perché esistano i rossetti, perché alcuni odino i computer, perché esistano le pellicce, perché.., perché…. infiniti perché ai quali non è possibile rispondere dando soluzioni meccaniche e razionali.

Se analizziamo le trascrizioni scientifiche dei moventi d’acquisto – espresse dagli stessi consumatori – notiamo che in molti atti non appare niente di quanto previsto dall’economia classica. Il concetto di utilità razionale del prodotto a volte sparisce e l’acquisto diventa un fenomeno psicologico che risponde ad altre esigenze, ad esempio un “riempitivo psicologico”, una tecnica di “riparazione di stati emotivi negativi”, o un modo di affermarsi. Ad esempio[1]:

A volte, se non mi sento molto in forma, vado fuori, questo mi fa già sentire meglio. Poi penso, beh, voglio tirarmi su ancora un pò, e quando vedi qualcosa, dici, beh, lo prendo. Mi trasporta in un altro mondo, mi porta con la mente in una sorta di viaggio magico, mi tira su totalmente. Mi  nutre, in qualche modo, è qualcosa di cui ho bisogno.

Man mano che procediamo nell’analisi dei moventi, notiamo che le motivazioni divengono sempre meno “superficiali” e razionali, ed emergono fattori nuovi. Le motivazioni di primo livello (il motivo apparente d’acquisto) sono progressivamente sostituite da concetti più complessi e la coltre di razionalità sparisce.

Magari passo davanti ad un negozio di vestiti e vedo qualcosa nella vetrina, e dico, quello è proprio carino. Vado nel negozio, e poi vedo qualcos’altro. E poi dico… quello è ancora più carino di quello in vetrina. E poi mi dico, non ho proprio intenzione di comprare queste cose, me le provo solo un attimo. Così, vado dentro, li provo, e dico, mmh, questo mi sta proprio bene, mi chiedo se c’è qualcos’altro che ci stia bene assieme. Così, provo altre cose che ci si abbinino, … vado dentro perché sono interessata ad una cosa e me ne esco con altre tre o quattro. E posso persino venir fuori con tre o quattro o cinque pezzi tutti uguali, solo di colore diverso. Devo andare dentro, e poi sento quasi che non posso uscire dal negozio senza aver preso qualcosa.[2]

Continuando a scendere nel grado di introspezione, si nota che le motivazioni apparenti (del tipo, “l’ho comprato perché ne avevo bisogno”, o “mi piaceva, e basta”), non tengono. Il livello di profondità nella discesa verso il mondo nascosto a se stessi, l’area delle pulsioni profonde, può decifrare i significati simbolici ed il rapporto emotivo che si genera tra prodotto ed immagine di sè. Da queste analisi emerge spesso che il prodotto diviene strumento di proiezione d’immagine, o mezzo per raggiungere obiettivi strategici (seduzione, potere), e ciò avviene anche inconsapevolmente.

L’inconsapevolezza dei propri moventi non deve meravigliare. Vediamo una constatazione sulla natura umana, svolta in base al pensiero di Freud:

Per Freud la psiche è per la maggior parte inconscia. Essa assomiglia ad un iceberg, i nove decimi della quale sono nascosti o inconsci, e solo un decimo è in superficie o consapevole. Per questo i 9/10 dei nostri atti sono dettati da motivazioni inconsce. La parte consapevole, poi, si divide tra Io o Ego (la coscienza propriamente detta) e Super-io o Super-ego, che raccoglie i referenti morali e educativi. L’Io o Ego media tra motivazioni inconsce e motivazioni morali. La psicoanalisi è pertanto un processo di autoconoscenza, perché aiuta a svelare l’inconscio, e a capire quali sono le motivazioni autentiche dell’individuo rispetto a quelle imposte dai modelli morali o educativi[3].

Il fatto che i moventi dei consumatori non siano sempre ben chiari, o le scelte delle aziende appaiano a volte controintuitive, deve portarci ad una prima riflessione generale: i consumatori e clienti sono macchine biologiche e sociali il cui funzionamento è lungi dall’essere compreso a pieno. Queste macchine a volte hanno dei comportamenti strani, ma le aziende, con questi comportamenti, devono fare i conti tutti i giorni.

A volte i desideri e le scelte di acquisto delle persone sono prevedibili, a volte non lo sono affatto. Se il campo del consumo fosse dominato dalle leggi della razionalità, vivremmo in un mondo diverso.

Le persone, sia come consumatori singoli che come decisori aziendali (buyer[4]), esprimono nei propri comportamenti tutta la natura umana, in cui subentra, spesso, un versante di irrazionalità e di scelte poco spiegabili.

Forniamo, in via iniziale, una prima tipologia di moventi d’acquisto:

  • pulsioni conscie: gli impulsi d’acquisto che derivano da valutazioni razionali, consapevoli e quasi-scientifiche della convenienza di acquisto in relazione ad un’analisi accurata dei propri bisogni (personali o aziendali);
  • pulsioni subconscie: gli impulsi d’acquisto che derivano da associazioni inconsapevoli o solo parzialmente consapevoli tra l’atto d’acquisto e l’eliminazione di problemi reali o potenziali. Le pulsioni subconscie sono prevalentemente di natura culturale e ontogenetica (influssi che il soggetto ha subito durante la sua crescita e sviluppo, partendo dalla nascita);
  • pulsioni inconscie: gli impulsi d’acquisto governati da dinamiche non percepite dal soggetto, soprattutto provenienti dalle pulsioni ancestrali, istintuali, genetiche, recondite, le quali agiscono sull’individuo senza che egli stesso ne sia consapevole. Tali impulsi sono prevalentemente dovuti ad aspetti psicobiologici, associati a pulsioni derivanti dalla filogenesi dell’individuo (influssi che derivano dalla storia della specie e dalla sua biologia).

Un esempio di pulsione conscia è dato dalla percezione della necessità di possedere un ombrello se piove molto, o dotarsi di un mezzo di trasporto per raggiungere il lavoro, scegliendo accuratamente tra le diverse alternative esistenti (auto, treno, autobus, bicicletta, ecc..) e valutandone pro e contro razionalmente.

Un esempio di pulsione subconscia avviene durante la scelta di un capo di abbigliamento da parte di un impiegato di banca, nella quale egli a priori – inconsapevolmente – esclude dal campo delle proprie scelte soluzioni tipo babbucce orientali, tuniche africane o perizomi indiani, includendo invece mocassini o abiti “giacca e cravatta” o tuttalpiù maglioni e polo. Il fatto che la scelta avvenga all’interno di un “set mentale” di prodotti occidentali non è  completamente consapevole, e risponde ad esigenze di conformità spesso latenti e subconscie. Per quale motivo plausibile, razionale, un impiegato di banca non dovrebbe recarsi al lavoro in perizoma d’estate quando fa molto caldo? Proviamo ad anticipare le reazioni (dei colleghi, dei clienti) a questo comportamento, e lo capiremo immediatamente. Una pulsione subconscia alla conformità culturale è presente in moltissimi acquisti, senza che i consumatori se ne rendano conto.

Un esempio di pulsione inconscia è dato dal movente per cui un ragazzo maturo, non sposato o fidanzato, decide di recarsi in una palestra. In questa scelta può esistere un desiderio sottostante di aumentare la propria attrattività riproduttiva, ed acquistare maggiori chance di trasmettere i propri geni. Questo movente fisiologico e genetico, di origine animale, può avvenire al di fuori della consapevolezza della persona stessa.

Fig. 1.2 – Analisi dei moventi d’acquisto

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Mentre le motivazioni conscie si collegano ad acquisti apparentemente logici, l’analisi delle motivazioni subconscie ed inconscie si riferisce alle pulsioni che difficilmente sono spiegabili ricorrendo a modelli razionali.

Lo spostamento dell’attenzione verso l’area del subconscio ed ancor più verso l’area dell’inconscio disturba la sensibilità di molti. Alcuni si oppongono all’intrusione soprattutto per questioni di interesse. Economisti e ricercatori possono infatti vedere il quadro complicarsi, le formule saltare, e sostanzialmente il potere scivolare di mano.

Altri oppositori sono coloro i quali vorrebbero l’essere umano emancipato dalla sua componente animale, considerano la componente pulsionale inconscia una sorta di decadenza verso la brutalità animale, una concessione agli impulsi che tutto il sistema educativo cerca di frenare, nascondere, negare. Capisco, sarebbe bello, ma ancora non è possibile. Il compito di un ricercatore è quello di capire, prima di tutto. Il compito di un manager è quello di agire, in base ad informazioni accurate. Se in questo stadio evolutivo dell’uomo, le pulsioni animali sono ancora presenti, non possiamo far finta che così non sia, e che questo non si innesti nei processi di marketing.

Vi sono zone del cervello la cui funzione è solo vagamente conosciuta. In particolare, l’archipallio rappresenta la porzione più antica della corteccia cerebrale, ed il suo influsso sui comportamenti di acquisto non è mai stato veramente esplorato.

Rispetto alla neocorteccia, che rappresenta la porzione più recente della mente e nei mammiferi occupa quasi il 90% di tutta la corteccia, l’archipallio svolge funzioni diverse e non del tutto comprese, ma comunque legate ad energie psichiche ancestrali (riconoscimento degli odori, lotta, sopravvivenza, controllo del territorio, possesso, ecc.).

Poiché l’archipallio è una zona cerebrale attiva, essa esercita un influsso sul pensiero e sul comportamento, anche di acquisto.

Questo influsso determina scelte che a volte possono apparire illogiche, ma che risultano comprensibili alla luce di una teoria delle pulsioni.


[1] Trascrizioni tratte da Dittmar, H. & Drury, J. (2000). Self-image – is it in the bag? A qualitative comparison between “ordinary” and “excessive” consumers. Journal of Economic Psychology, 21. 109-142.

[2] Fonte: trascrizioni svolte da Dittmar & Drury, 2000.

[3] Enciclopedia Rizzoli Larousse 2000.

[4] Il termine “buyer” viene utilizzato nel corso del testo per indicare la persona responsabile degli acquisti, o chi comunque assume un ruolo di cliente, acquirente, decisore o controparte rispetto al venditore.

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(c) Testo Copyright by Daniele Trevisani, Studio Trevisani Communication Research & Human Potential

Fonte: Trevisani, Daniele (2002), Psicologia di Marketing e Comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management, Franco Angeli, Milano. (256 pag.). Best Seller in Psicologia di marketing.

Temi trattati nell’articolo conscio, subconscio, inconscio

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Pulsioni d’acquisto: ragioni di un’analisi

1.1.       Pulsioni d’acquisto: ragioni di un’analisi

Perché le persone acquistano? Sotto l’influsso di quali forze avvengono le scelte di mercato? E soprattutto, perché affrontare questo tema è così cruciale per la competitività delle aziende?

La vita di ogni persona e di ogni azienda è costellata da momenti d’acquisto. Nonostante questo dato incontrovertibile, la psicologia del consumo costituisce uno dei fenomeni meno studiati e meno tradotti in azienda, in buona parte a causa dell’impostazione classica che vedeva nel consumatore un soggetto razionale, che agisce secondo criteri logici. Capovolgendo quest’impostazione, rivolgeremo la nostra attenzione soprattutto alle dinamiche psicologiche, ai moventi nascosti, al “dark side” del consumo.

Per raggiungere gli obiettivi previsti, riteniamo necessario fornire una prima griglia di impostazione del lavoro, che divide i comportamenti di acquisto in base a motivazioni conscie, subconscie ed inconsce.

Fig. 1.1 – I tre livelli della motivazione d’acquisto

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Questa prima revisione ha profonde implicazioni a più livelli: (1) per la comunicazione aziendale, (2) per le strategie di creazione del valore nella progettazione di un prodotto/servizio, e (3) per l’educazione al consumo.

Una seconda considerazione ci spinge a rivolgere la nostra attenzione all’area della psicologia dei bisogni. L’atto di acquisto si lega innegabilmente a qualche forma di problema esistente nell’individuo (es: risolvere un dolore fisico tramite una medicina), o di aspirazione da raggiungere (es: in un’azienda, l’acquisto di un macchinario per aumentare la produttività), sia che si tratti di un bene povero che di un genere di lusso. Questi problemi o moventi sono il nesso che collega il prodotto alla scelta di acquisto.

Il comportamento degli individui, orientato a diminuire i problemi che li circondano, determina, in un certo momento del tempo, la nascita di una pulsione, un impulso d’acquisto, uno stimolo alla risoluzione dello stato di tensione[1]. Una strategia aziendale che non tenga in seria considerazione quali impulsi d’acquisto inserire nelle proprie offerte, non ha alcuna prospettiva di successo.


[1] Vedi Rook, D.W. (1987). The buying impulse. Journal of Consumer Research, 14 (September), 189-199.

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(c) Testo Copyright by Daniele Trevisani, Studio Trevisani Communication Research & Human Potential

Fonte: Trevisani, Daniele (2002) Psicologia di Marketing e Comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management. Franco Angeli, Milano, 2001. (256 pag.) Best Seller in Psicologia di marketing.

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I 3 filtri ai nostri sogni, ambizioni e speranze e progetti

Filtratura delle idee, sogni, ambizioni

Le persone si nutrono dei messaggi provenienti da scuola, famiglia, religione, gruppi etnici, media, amici, parenti, conoscenti, maestri ed educatori, assorbendo anche contraddizioni, incoerenze, patologie.

Questo insieme di schemi incide su come valutiamo se un progetto sia buono o cattivo, fattibile o impossibile, da tentare o non tentare, utopistico o invece da provare.

E non è detto che tutto quanto abbiamo appreso finora sia sempre e comunque esatto. Se esaminassimo bene le idee apprese che ci circolano dentro, vedremo spuntare molta spazzatura.

So che mi state ascoltando, avverto la vostra presenza. So che avete paura di noi, paura di cambiare. Io non conosco il futuro, non sono venuto qui a dirvi come andrà a finire, sono venuto a dirvi come comincerà. Adesso appenderò il telefono e farò vedere a tutta questa gente, quello che non volete che vedano. Mostrerò loro un mondo senza di voi, un mondo senza regole e controlli, senza frontiere e confini. Un mondo in cui tutto è possibile.

Dal film: “Matrix” di Andy Wachowski

L’esame dei fattori bloccanti della persona è complesso, chiamando in causa fattori sia fisici che psicologici e sociali/culturali.

Principio 4 – Analisi a livelli multipli e monitor interiore

Le performance possono essere aumentate:

  • incrementando la precisione del monitor interiore rispetto alle risorse fisiche di cui una persona dispone, stato e condizione, coscienza corporea;
  • aumentando l’autoefficacia psicologica, l’attitudine positiva alle sfide, rimuovendo strati di inadeguatezza appresa;
  • favorendo la presa di coscienza sul margine di crescita possibile, l’enorme potenziale di sviluppo attivabile da un coaching veramente efficace;

Figura 8 – Sistema di filtratura attivo nella valutazione di sè stessi e dei propri sogni, ideali, progetti

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È necessario aumentare la consapevolezza dell’individuo rispetto alle proprie credenze attive e dominanti, alle loro fonti, alle pressioni sociali e norme non scritte gli vivono dentro, a quali di queste voci sia bene rispondere e a quali invece smettere di ubbidire ciecamente.

Dall’esame scaturisce una decisione sulle mete e progetti che vogliamo/possiamo costruire, o non vogliamo nemmeno accettare, cosa scartiamo a priori, e cosa rientra nella sfera delle azioni da tentare, e quali siano le nostre priorità.

Data la molteplicità dei filtri e dei messaggi, non deve meravigliare il fatto che le persone vivano una forte carica di dissonanza nel decidere.

Alla fine, la persona deve scegliere. Decide se l’idea o la sfida “passa” o “non passa” i vari livelli del filtro interiore, se sia o meno raggiungibile, o se ne siamo lontani.

Questa lettura risponde spesso ad una analisi umorale e viscerale, viziata da pregiudizi, credenze errate, norme culturali e sociali che ci abituano a vedere noi stessi entro certi limiti prefissati, chiusi, dettati dalla cultura, dai media, o dai messaggi altrui che ci dicono cosa possiamo e non possiamo fare.

È interessante notare come la psicologia contemporanea e la cultura manageriale abbia dimenticato la sinergia tra lato corporeo e lato mentale delle performance. Nella realtà di ogni sfida, e di ogni idea sul nostro futuro, entra un auto-esame della nostra coscienza corporea – la lettura dello stato di energie fisiche – e dell’autoefficacia psicologica – le energie mentali ed emotive.

La multi-lettura ci dice se quella sfida è troppo forte o invece accettabile per il livello di forze e impegno che immaginiamo necessari sul piano fisico e mentale. Entrambe le analisi convergono in un piano unico.

In un progetto di psicologia positiva, quando alleniamo le persone a superare anche di pochissimo le proprie abitudini personali, a fare anche solo micro-incursioni in territori che prima non azzardavano o sembrano ostili, nasce un senso di “poterlo fare”, alleniamo i muscoli mentali della capacità di fare e del poter fare. Questi muscoli mentali vanno allenati costantemente poichè ogni muscolo se non usato si atrofizza, e anche la mente che si abitua a starsene in confini angusti tende a farlo.

Daniele Trevisani

Non sottometterti

Le performance potenziali che una persona può esprimere sono bloccate da due sistemi di filtri o gatekeepers (letteralmente, chi decide chi passa o no dal cancello): i filtri interiori e i filtri esterni.

I filtri interiori comprendono credenze dannose, abitudini sbagliate, lacune formative e di competenze. I filtri interiori possono essere trattati, il viaggio verso l’emancipazione è difficile ma possibile.

I filtri esterni sono decisamente più ostili e refrattari, poiché coincidono con intere culture e comportamenti, che poi ritroviamo in persone specifiche e detentori di potere. Possiamo identificare questi ultimi come ostacoli sostanzialmente sociali.

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Spieghiamoci con qualche esempio: se una persona ha un buon potenziale come studioso e ricercatore ma non conosce i metodi di studio ottimali (blocchi interiori), possiamo allenarlo, fornirgli competenze per studiare meglio, e le sue prestazioni scolastiche o universitarie aumenteranno. Ma se un ricercatore eccellente viene bloccato perché sbatte contro un blocco esterno, esempio il sistema universitario è clientelare, dominano i raccomandati e la politica (e non il merito), le sue performance saranno di fronte ad un enorme muro, un cancello altissimo. Il sistema non offre spazi per le sue performance, e le uniche alternative sono autoridursi o andare altrove. Ed infatti la fuga di cervelli dalle aziende o da intere nazioni – Italia tra le prime – è un fenomeno noto e drammatico.

In azienda, possiamo avere manager di buon potenziale, desiderosi di crescere, e fornire loro strumenti tramite la formazione e il coaching. Tuttavia, se la direzione aziendale non ha spirito di ricerca, è chiusa, ignorante, non premia il merito, o le idee, vi sarà ben poco spazio per esprimersi.

Un atleta può allenarsi con enorme impegno e volontà, diventare forte, capace, ma se il suo allenatore non gli offre (o peggio gli preclude volontariamente) le occasioni agonistiche giuste, rimarrà nell’ombra.

In ogni organizzazione può accadere che gli High Potential (persone di alto potenziale) – risorse preziose e linfa vitale – diventino persino problemi, rischi da eliminare, qualcuno che diventi un potenziale futuro concorrente ai potenti di adesso, qualcuno che “fa ombra” agli attuali leader. Da risorse diventano pericolo per il sistema, materiale umano che va sistematicamente truffato, riempito di bugie, preso in giro, fatto attendere, deviato, ridotto, ammutolito, depotenziato, circoscritto, perimetrato, osservato come pericolo, castrato.

Un piccolo suggerimento: se vivete in un sistema che vi amputa, non lasciatevi amputare. Trovate i vostri spazi di espressione.

Daniele Trevisani

Manifesto di libertà

Liberarsi dalle catene

Le idee che non passano il setaccio della visione di sè e della visione sociale assorbita escono dalla nostra vita, i sogni più visionari e sfidanti raramente passano il filtro interiore e lo schema dominante nella propria cultura.

Le culture spesso diventano sistemi per instillare paure, piuttosto che strumenti per liberare dalla paura. Come evidenzia il grande pensatore americano Ralph Waldo Emerson:

Per imparare le lezioni importanti nella vita ogni giorno bisogna superare una paura.

Superare una paura ogni giorno sarebbe stupendo. Ma basta anche solo tenersi allenati, ogni giorno, a fare cose che hanno senso e non faremmo se ci lasciassimo andare.

Ad esempio, personalmente ho sperimentato un certo periodo nel quale mi dava abbastanza fastidio fare telefonate commerciali o lavorative, e preferivo concentrarmi sullo studio o sulla scrittura. Con un mio micro-progetto personalissimo che ho chiamato “1 call x day” (tanto per dare un’etichetta), ho deciso di fare almeno una telefonata al giorno di lavoro per tenere semplicemente allenati i muscoli della “relazione lavorativa commerciale”. Questo progetto mi ha permesso di non scivolare in una condizione di isolamento, richiede solo 10 minuti al giorno, ma contiene in sè un grande lavoro auto-allenante, che non è da confondersi con il “farsi violenza”. Se il fine ultimo è buono e positivo, il lavoro fuori dalle comode recinzioni di quello che ci piace fare è positivo e allenante.

Lo stesso vale per la decisione di fare ogni giorno qualche attività fisica, o qualche lettura, o altre azioni di sviluppo che non faremmo se ci abbandonassimo al lassismo personale e abbandonassimo qualsiasi tipo di sfida.

Molti genitori, in culture che hanno avuto forti pressioni culturali comuniste ortodosse, accentratrici, o rurali, si dispererebbero all’idea stessa che il proprio figlio aprisse una attività in proprio, anche semplicemente un bar, e lo preferirebbero molto più come tranquillo impiegato statale. Per farlo instillano sin dalla precoce età ogni tipo di paura su qualsiasi possibile devianza dal corso familiare e degli eventi che non sia standard. Lo stesso vale per i viaggi, le persone da frequentare, gli sport da fare, le amicizie da costruire o evitare, o il semplice fatto di tentare strade nuove.

Limiti e pressioni ci entrano dentro sino a confondersi con il nostro Sè.

Questa pressione trasuda come aspettativa e permea il vissuto personale, quelli che riescono a disfarsene e schermarsi sono pochi, davvero pochi.

I progetti fanno sempre i conti con questa lettura parziale, inconscia, deformata, e mutilata, delle nostre possibilità. Per questo tante persone vivono vite chiuse, ridotte, amputate, impoverite.

I loro contributi agli altri e all’umanità, o alle aziende per cui lavorano, ne soffrono altrettanto. Ci troviamo quindi con madri, padri e insegnanti, manager, che inculcano involontariamente ai bambini e ai collaboratori enormità di handicap culturali, e fabbricano persone che vivono a metà, o – in azienda – manager psicologicamente e culturalmente amputati, fisicamente svuotati, mentalmente ripieni di credenze che non reggono ad un minimo esame logico, moralmente inaciditi e aridi, cactus morti da decenni, di cui si rimangono solo gli aculei.

Ci troviamo con persone di qualsiasi età che smettono di credere in qualcosa, e muoiono dentro, giorno dopo giorno. Per alcuni aumenta il cinismo, il massimo godimento diventa vedere che anche gli altri stanno male, o che c’è qualcuno che in fondo sta peggio, passare qualche ora sul divano ad anestetizzare il residuo di mente che ancora funziona con una dose di programmi televisivi commerciali o riviste di gossip.

Le mosse diventano soprattutto difensive, mai dirette verso la scoperta di nuova luce. I rari risvegli di coscienza vengono bloccati poiché dolorosi.

Le performance non valgono solo per quanto producono esteriormente, ma come scusa o occasione preziosa per analizzare come funzioniamo e come migliorarci.

È urgente trovare metodi per migliorare la precisione e il funzionamento del monitor interiore, avere un metodo che permetta una lettura di se stessi o degli altri più chiara, per far emergere lo stato reale delle cose, delle energie e competenze attuali e potenziali e lavorarci, anziché abbandonare i propri sogni e ideali.

I blocchi o colli di bottiglia che ci limitano, quanto scovati, possono essere affrontati, demoliti, o ridotti. Le energie possono essere amplificate. Le competenze possono essere costruite. Vogliamo lavorare ad un metodo che aiuti a capire i potenziali nascosti, far crescere energie e competenze per raggiungere nuovi scopi, e mettere le persone in grado di raggiungere i propri sogni e ideali.

Il tema, infatti, tocca sia la crescita di ogni individuo, che lo sviluppo del pieno potenziale dei manager, o degli atleti, dei giovani e di chiunque aspiri a lavorare sul proprio essere.

Lavorare ad un metodo nuovo per lo sviluppo del potenziale umano, del potere personale, delle energie individuali, è una sfida entusiasmante.

Daniele Trevisani

Concezione “enciclopedica” del Potenziale Umano

La mia concezione dell’essere umano è quella enciclopedica, non si è completi se ci si limita al solo corpo, o alla sola mente, o alla sola professione primaria. E’ come voler far stare in piedi una casa con un solo muro.

La vita diventa precaria, rinchiusa in un recinto troppo stretto, come le professioni iperspecialistiche tendono a creare; fa si che una persona che lavora fisicamente sia raramente interessato a letture o programmi culturali, o che una persona che lavora con la mente sia spesso disinteressata al lato corporeo. La preparazione sia scolastica che universitaria e ancora di più quella aziendale non concedono spazio all’amplificazione della curiosità e di interessi vasti o “enciclopedici”, e di questa la persona deve riappropriasi, senza attendersi che piova dagli altri.

Daniele Trevisani

Pensiero libero: riconoscere il calco mentale che ci condiziona

Dobbiamo riconoscere il calco che ci ha plasmato, e avere il coraggio di riplasmarci da soli in autonomia, con – stavolta – la possibilità di decidere la nostra direzione e i modelli che ci piacciono.

Uno degli effetti ricercati da un coaching analitico è lo stupore per le risorse personali non ancora coltivate, impiegate o utilizzate, o addirittura sprecate, e seppellite sotto strati di incrostazioni culturali e credenze assorbite, veleni culturali, sassi in uno zaino sulla schiena di chi vorrebbe correre.

Allen Carr, analizzando un meccanismo complesso come il motivo per cui molte persone iniziano a fumare, riflette sul lavaggio del cervello prodotto dall’imitazione di chi ci è vicino, e dai film, dai media, sostenendo che:

Tutti abbiamo la tendenza a pensare di essere persone intelligenti e padrone del nostro percorso esistenziale, ma in realtà il 99% di quel che siamo viene da un “calco”; siamo infatti il prodotto della società nella quale siamo cresciuti: i vestiti che indossiamo, le case in cui viviamo, i nostri modelli di vita basilari, perfino il nostro “essere diversi” tendono a essere preordinati”[1].

Decidere in cosa è bene credere anziché farselo dire dagli altri è un bene supremo. È la libertà di pensare.

Daniele Trevisani


[1] Carr, Allen (2006), Allen Carr’s Easy Way to Stop Smoking: Be a Happy Non-smoker for the Rest of Your Life, Penguin Books Ltd., London.

Ricentrare il tema dominante

Il tema dominante di tutto il nostro pensiero va ricentrato dal baratro infettato di banalità in cui il pensiero comune, la televisione commerciale e la cultura cerca di spingerci continuamente : dobbiamo mettere al centro la sacralità dell’essere umano e il forte bisogno di non sprecare nemmeno una vita, nemmeno un giorno, nemmeno un minuto, in qualcosa che non sia legato ad una visione positiva, di emancipazione e di crescita.

Il pensiero libero deve essere il tema dominante da ricentrare. Questo vale non solo nelle famiglie,  e per le persone, ma anche e soprattutto per le aziende, soprattutto le PMI, in cui si lavora tanto, e non ci si ferma a pensare a come sostenere la globalizzazione, un futuro già presente, per il quale se non ti prepari adesso e non ti formi, sei già in ritardo.

Daniele Trevisani

Coop Atlantide Cervia – Gruppo Comunicazione

Atlantide collageAtlantide, Cooperativa leader nel campo dell’educazione ambientale, si occupa di educazione, formazione, ricerca e divulgazione, piani di comunicazione ambientale, consulenza per la promozione delle attività connesse all’ambiente (promozione del riciclaggio e raccolta differenziata, formazione di insegnanti e formatoti,  educazione nelle scuole). Segue inoltre i progetti di enti pubblici e aziende che intendono dare un contributo allo sviluppo e salvaguardia ambientale.

Il progetto formativo, condotto dal dott. Daniele Trevisani per Cesvip Ravenna (finanziato dalla Provincia di Ravenna) è finalizzato a potenziare le competenze comunicative del capitale umano di Atlantide, coinvolto nella comunicazione al cliente e nella progettazione delle azioni educative.

Abstract, in English_____

Coop Atlantide, leader in the field of Environmental Education in Italy, conducts environmental education plans, training, research and promotion of environmental consciousness and practices. Atlantide works as consulting agency for public and private companies, and public administrations, to provide professional projects. Atlantide takes care of planning and execution of projects in environmental education and environmental communication, both in creative terms, and in practical field activities.

collage4Dr. Daniele Trevisani is one of the leading Italian trainers in communication and management, acts as training consultant and coach, serving as communication trainer and training expert in several training projects whose objective is to raise interpersonal and strategic communication skills. Serving as consultant for Atlantide’s Human Resources projects, his aim is to increase Human Potential Effectiveness and Organizational Performance in the company.